Nell’era postmoderna il tema dell’aggressività adolescenziale assume un enorme rilievo sociale e psicologico. Le diverse forme di aggressività si annidano in spazi di vita che celano insoddisfazione, disagio emotivo, affettivo e relazionale.  Il termine bullismo deriva dall’inglese bullying e si riferisce a un oppressione psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona, o un gruppo di persone, più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole.

Secondo Olwes, uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene sottoposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni. Il bullismo può essere considerato una sotto categoria del comportamento aggressivo, con alcune caratteristiche distintive: intenzionalità, la persistenza nel tempo, l’asimmetria di potere. Il bullismo può essere sia diretto, fisico o verbale; sia indiretto, isolamento sociale, dicerie sul conto della vittima, calunnie, cyberbullying. Gli attori che prendono parte agli episodi di bullismo, possono rientrare in tre grandi categorie: i bulli, che mettono in atto le prevaricazioni; le vittime, che subiscono le prepotenze; gli spettatori, che non prendono parte attivamente alle prepotenze ma vi assistono. Il bullo si divide in due categorie: dominante e gregario. Il bullo dominante possiede le seguenti caratteristiche: aggressività generalizzata verso adulti e coetanei, impulsività e scarsa empatia verso gli altri, bassa tolleranza alle frustrazioni, atteggiamento positivo verso la violenza, ritenuta uno strumento efficace per raggiungere i propri scopi, sono bambini o adolescenti sicuri di se, con elevate abilità sociali, capaci di istigare gli altri, dotati di buone doti psicologiche utilizzate al fine di manipolare la situazione a proprio vantaggio con forte bisogno di dominare gli altri, manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole, il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l’aumentare dell’età, deumanizza la vittima al fine di giustificare le sue forme di aggressività e di violenza e stabilisce con gli altri rapporti interpersonali improntati quasi sempre sulla prevaricazione. Sia nei bulli che nelle vittime, si riscontra una generalizzata immaturità nel riconoscere le emozioni.

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Il bullo gregario, invece, aiuta e sostiene il bullo dominante, non prende l’iniziativa nel dare il via alle prepotenze, ansioso e insicuro, poco popolare, cerca la propria identità e l’affermazione ne gruppo attraverso il ruolo di aiutante o sostenitore del bullo, ha un rendimento scolastico basso. La vittima può essere passiva/sottomessa o provocatrice. Le vittime passive o sottomesse hanno scarsa autostima, opinione negativa di se, ansiosi e insicuri, spesso cauti, sensibili e calmi; se attaccati reagiscono chiudendosi in se stessi. Le vittime provocatrici sono caratterizzate da una combinazione di modalità di reazioni ansiose e aggressive, iperattivi, inquieti e offensivi, tendono a controbattere e a prevaricare i compagni più deboli, vi è un deficit nel riconoscimento di specifici segnali emotivi, in particolare relativi alla rabbia. Gli spettatori possono essere: sostenitori del bullo, agiscono in modo da rinforzare il comportamento del bullo; difensori della vittima, prendono le parti della vittima difendendola cercando di interrompere le prepotenze; maggioranza silenziosa, davanti alle prepotenze non fa nulla e cerca di rimanere al di fuori della situazione. A livello sociale si è visto che anche i fattori di gruppo favoriscono episodi di bullismo. All’interno del gruppo c’è un indebolimento del controllo e dell’inibizione delle condotte negative e si sviluppa una riduzione della responsabilità individuale.

Rutter, tra i fattori di protezione, individua tre sottogruppi, tra cui: le caratteristiche individuali della persona; la qualità delle interazioni bambino ambiente e la qualità del contesto sociale. Secondo Caie, i fattori di protezione possono operate in modo diretto, diminuendo i problemi e le difficoltà, oppure interagendo con i fattori di rischio per diminuire l’effetto negativo di questi ultimi (effetto cuscinetto), oppure ancora intervenendo sui processi di mediazione che collegano il rischio al disadattamento successivo, ed infine, promuovendo il benessere individuale  prevenendo l’insorgere del rischio. Tra le conseguenze per il bullo vi è un basso rendimento scolastico, disturbi della condotta difficoltà relazionali, abbandono scolastico e violenze in famiglia e aggressività sul lavoro. Tra le conseguenze per le vittime vi sono sintomi fisici quali mal di stomaco, mal di testa, problemi di concentrazione e di apprendimento, scarsa autostima, depressione, ansia, ideazione suicidaria, abbandono scolastico. Questi sintomi possono essere evidenti già in tenera età o restare latenti sino ad evidenziarsi in adolescenza o in età adulta.